Osservanza del principio jura novit curia

In una giurisdizione di diritto soggettivo, come è ormai il processo amministrativo che soggiace al principio del giusto processo, spetta alla parte che propone la domanda di indicare le ragioni in fatto a fondamento della sua pretesa, articolando adeguate censure che consentano al giudice di apprezzare l’illegittimità denunciata. Da ciò deriva che il principio iura novit curia serve a rassicurare le parti sulla corretta applicazione da parte del giudice delle disposizioni normative vigenti anche in difetto di un loro espresso richiamo, senza che ciò possa significare che il giudice debba prestare la sua opera ovviando con la sua attività all’incapacità delle parti di reperire un qualunque fondamento per le loro pretese - Cons. St. sez.V, 30 aprile 2014, n. 2255.

I processualisti desumono generalmente il principio “jura novit curia” dall’art. 113 c.p.c., che in effetti si limita a statuire che “il giudice deve decidere secondo diritto, salvo i casi di decisione secondo equità”.

Il principio jura novit curia, che nel processo amministrativo di annullamento trova i suoi limiti nella necessità di enunciazione dei motivi di ricorso, opera in modo pieno, invece, nel caso di accertamento di posizioni di diritto soggettivo nelle materie di giurisdizione esclusiva di competenza del giudice amministrativo (come avviene per il processo civile ove non è necessaria l'indicazione dei vizi di legittimità dell'atto impugnato, né l'impugnativa di atti e neppure la formazione del silenzio rifiuto per adire il giudice, venen- do in rilievo eventualmente in tal caso non un atto autoritativo ma paritetico ai fini dell'accertamento della spettanza o meno della pretesa fatta valere

Cass. sez. lav. 13 dicembre 2010, n. 25140; 24 luglio 2012, n.12943- ritiene che, in materia di procedimento civile, l’applicazione del principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, fa salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere peraltro coordinato con il divieto di ultra o extra petizione ex art. 112 cod. proc. civ. che viene violato quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato. In particolare è preclusa al giudice la decisione basata non già sulla diversa qualificazione giuridica del rapporto, ma su diversi elementi materiali che inverano il fatto costitutivo della pretesa.

IL principio iura novit curia non trova assoluta ed incondizionata applicazione, soffrendo limitate eccezioni. Le ipotesi che limitano la portata applicativa ovvero che escludono del tutto il ricorso a detto canone processuale sono rappresentate dagli atti giuridici privi di carattere normativo, da taluni atti normativi privi di pubblicazione, dal diritto consuetudinario nonché dal diritto straniero ovvero appartenente ad un altro ordinamento. I più rilevanti problemi di ordine non solo teorico ma anche pratico nell’applicazione del principio di cui all’art. 113 c.p.c. si riferiscono alla esatta individuazione degli atti costituenti il diritto oggettivo rispetto a quelli che, pur forniti del carattere giuridico, non presentino il carattere della normatività ovvero che pur presentando detto carattere appartengano ad altri ordinamenti giuridicI

Ad. es. “la natura di atti meramente amministrativi dei decreti ministeriali rende ad essi inapplicabile il principio “iura novit curia” di cui all’art. 113 c.p.c., da coordinarsi, sul piano ermeneutico, con il disposto dell’art.1 preleggi (che non comprende, appunto, i detti decreti tra le fonti del diritto Analogo principio vale in relazione agli atti di normazione secondaria non soggetti a pubblicazione in Gazzetta Ufficiale o in altre analoghe fonti pubbliche -come per es. i regolamenti comunali, per i quali non opera la regola "iura novit curia", con la conseguenza che spetta alla parte che li invoca l'onere di produrli in giudizio in base al generale principio sull'onere probatorio espresso dall'art. 2697 c.c.

A fronte di orientamenti giurisprudenziali alquanto oscillanti e disomogenei pare che, più di recente, si sia consolidato un indirizzo estensivo e generalizzato sull’applicazione del principio iura novit curia anche alle ipotesi più controverse; è stato, infatti, ritenuto applicabile il principio in argomento sia agli statuti comunali sia i regolamenti edilizi rispettivamente da Cass. civ., sez. un.,16 giugno 2005 n. 12868 e Consiglio di Stato, sez. IV, 17 dicembre 2003, n. 8280. L’applicabilità del principio viene, poi, affermata anche in relazione al diritto consuetudinario (v. GUASTINI, Le fonti del diritto e l’interpretazione, Milano, 1993, 264) mentre per ciò che attiene al diritto straniero parte della dottrina ha ritenuto ad esso, pure, applicabile detto principio ( v. MICHELI, Jura novit curia, in Riv. dir. proc., 1961,575 e segg.) mentre attualmente l’art. 14, comma 1, della legge n. 218 del 1995 prevede che << l’accertamento della legge straniera è compiuto d’ufficio dal giudice >> e che a tal fine egli <<può avvalersi oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del Ministero di grazia e giustizia>> e, ancora, << può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate>>.

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